Pubblicata su AssoCareINFormazione.it l'intervista del Presidente dell'OPI di Messina Antonio Trino
Messina: “Infermieri di domani? Al Sud non bastano 10 anni per rilanciare la professione”.
Continuiamo con le interviste ai personaggi di ieri e di oggi che hanno caratterizzato e stanno caratterizzando la Professione Infermieristica in Italia. Oggi diamo spazio ad Antonio Trino, sindacalista di lungo corso e presidente dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Messina. A lui abbiamo posto sei domande per tentare di tracciare assieme un percorso di rilancio della figura dell’Infermiere. Vediamo come e cosa ha risposto.
Come vedi l’Infermiere tra 10 anni?
Mi spiace dirlo, ma in atto non riesco ad immaginare quel netto miglioramento che la professione aspetta. Sicuramente fra 10 anni avremo una professione per lo più formata con la guida Universitaria, avremo infermieri pluri-titolati, avremo qualche dirigente che, alla nostre latitudini, incomincia ad affacciarsi nel panorama lavorativo, ma stento ad immaginare, almeno nel SUD dove le carenze dettano i tempi e dove le evoluzioni professionali vengono recepite con colpevole ritardo dalle istituzioni, che vedrò a pieno regime l’infermiere di famiglia, l’infermiere scolastico, l’infermiere non più de-professionalizzato.
L’Infermiere di domani passa inevitabilmente dall’infermieristica di oggi. Quali pensi siano i punti forti da affrontare?
Sicuramente il percorso formativo, specialmente quello di base, va aggiornato ed adeguato al professionista del futuro che si vuole formare. Purtroppo registriamo programmi formativi “datati”, docenti perlopiù medici. Se vogliamo che la professione emerga, dobbiamo fin dalla base plasmare le nuove leve, che poi incrementeranno il proprio know how attraverso i percorsi formativi post base.
A tuo avviso come si potrebbe migliorare il rapporto tra immagine infermieristica e cittadinanza?
Innanzitutto occorre fare un attimo di autocritica come OPI, in quanto sicuramente avremmo una certa potenzialità per ottenere questo obiettivo; ad onor del vero tanto abbiamo fatto, ma ancor di più dobbiamo fare per ottenere il risultato.
Ma un ruolo davvero determinante per ottenere quanto mi chiedi, lo avete voi giornalisti, soprattutto i tuoi colleghi della cronaca. Senza alcuna dietrologia e con profondo rispetto per la vostra attività, sento di fare una piccola riflessione sul fatto che le esigenze giornalistiche spesso inducono a dipingere i sanitari rivestendoli della divisa della malasanità, anche quando non c’è malasanità! Non leggo mai che certe vicende nefaste, che vedono coinvolti i sanitari, possono essere determinate da carenze strutturali e dotazionali: in genere subito si grida all’errore colpevole, come se noi volessimo sbagliare consapevolmente. Non voglio aprire uno scontro fra categorie, ma ritengo che certe notizie possono essere prudentemente date senza quel taglio di malasanità il cui unico colpevole è lo sfortunato operatore che ci incappa. Consentimi Direttore questa piccola critica, la faccio solo perché far disaffezionare il cittadino-paziente attraverso notizie rivestite di sensazionalismo, serve a ben poco ed allontana i pazienti dal SSN in genere.
Infermieri protagonisti in corsia ma non soltanto: quale sarà il ruolo delle società scientifiche nello sviluppo dell’infermieristica?
Le società scientifiche negli ultimi anni hanno assunto un ruolo importante per lo sviluppo della professione, attraverso un lavoro certosino che li vede protagonisti nella stesura di protocolli, linee guida e quant’altro. È un’attività pregevole che sicuramente si implementerà, anche alla luce delle tanto agognate competenze avanzate che passano inesorabilmente da un’attività scientifica di qualità ed in Italia ve ne sono alcune molto conosciute ed apprezzate in campo mondiale.
La formazione infermieristica soffre di mancanza di risorse. Quanto reputi che influisca sulla professione e sui professionisti?
La mancanza di risorse nel nostro mondo affonda le proprie radici nel tempo, la definirei cronica, giusto per usare una terminologia sanitaria. Le refluenze negative dei mancati investimenti, o scarsi investimenti, sono oggettive per cui ritengo che la risposta sia già insita nella tua domanda. Un governo che non investe o investe poco nella formazione, è miope.
Alcune gestioni sembrano prediligere gli infermieri delle grandi realtà ospedaliere cittadine: quale ricetta per impedire che ci siano periferie della professione?
Direttore sei fantastico nel porre quesiti pungenti, frutto di acume e profonda conoscenza, ma anche di una velata ironia.
Il mondo ha le sue periferie, figuriamoci la professione! Il modello che i vari governi hanno ormai instaurato è di tipo centrale per cui la vedo davvero dura invertire la rotta. Sai meglio di me, che l’accentramento è frutto della ricerca di un risparmio, che, nei fatti, non c’è.
L’unica ricetta sarebbe cambiare completamente, ma soprattutto far ritornare il SSN al centro della programmazione, con il reale intento di commisurarlo alle esigenze del paziente: invece, da decenni, si sta inesorabilmente depauperando il pubblico a favore del privato ed è palese anche per chi non vuol vedere.
Ciao amico mio Direttore, è sempre un piacere collaborare con te. Buon lavoro.
Grazie a te Presidente!