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31/03/2016 - da www.ipasvi.it - Nessuna giustificazione per atti di questa rilevanza: la legge sia durissima. Ma è necessaria una analisi delle condizioni di lavoro per prevenire situazioni  di stress e burnout che mettono a immagine infrischio i professionisti e in pericolo la vita degli stessi pazienti

Quanto accaduto a Piombino - un'infermiera accusta di 13 omicidi di pazienti -  lascia inorriditi. Si tratta di situazioni che una volta accertate non devono lasciare spazio ad alcuna giustificazione e devono essere punite sia giuridicamente che deontologicamente.
Tuttavia il fatto sottolinea anche la necessità di alcune considerazioni che l’organizzazione e gli organizzatori del servizio sanitario pubblico dovrebbero attentamente valutare.
 
“Se i fatti saranno confermati – dichiara la presidente della Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi, Barbara Mangiacavalli -  al di là della necessità tanto ovvia quanto assoluta che non si ripetano, è prioritario comprendere come mai cose del genere hanno come protagonisti a volte gli infermieri. La nostra è una professione delicata, la più delicata, visto che siamo accanto ai pazienti 24 ore su 24 per 365 giorni l’anno e dobbiamo farci carico professionalmente, ma anche umanamente delle loro sofferenze e dei loro bisogni. In queste condizioni se accade che qualcosa spezzi l’equilibrio necessario a svolgere tale compito  e il professionista sia sottoposto a stress eccessivo e condizioni emotive particolari, nei più fragili si hanno effetti a volte dirompenti. Le condizioni di lavoro spesso non aiutano a mantenere l’equilibrio necessario alla nostra professione e  questo dovrebbe essere chiaro a chi gestisce l’organizzazione: le Regioni e, in primis, il ministero della Salute. Sarebbe necessario organizzare – è la proposta – gruppi di prevenzione del burnout per non lasciare abbandonato a se stesso chi opera in situazioni limite, evitando così che si raggiungano livelli di stress intollerabili che sfociano in reazioni altrettanto intollerabili. Evidentemente  in casi come questo l’ambiente di lavoro non è stato in grado di cogliere subito il disagio che via via si stava accumulando. Valuti bene chi gestisce le conseguenze che si possono avere non solo sui servizi, ma, soprattutto, nei confronti dei professionisti e dei pazienti, senza regole che assistano anche chi assiste”.
 
“Nell'esprimere la più sentita vicinanza alle famiglie delle vittime, – aggiunge la senatrice Annalisa Silvestro,  membro del Comitato centrale della Federazione Ipasvi di cui è past president – sento parimenti la necessità di ribadire quanto già detto dalla presidente e mi chiedo che cosa dovrà ancora accadere prima che ci si decida a prendere atto di quanto sia difficile e complessa la professione e l'assistenza infermieristica. Prima che ci si decida a prendere atto che fra le professioni sanitarie è quella che maggiormente deve essere sostenuta e valorizzata perché si fa carico, per mandato professionale e istituzionale, delle criticità cliniche degli assistiti, dei loro bisogni assistenziali e delle loro tensioni e difficoltà psicologiche e sociali. Mettano in atto, le strutture sanitarie e socio sanitarie le misure necessarie per prevenire picchi intollerabili di stress nei professionisti e facciano in modo che gli ambienti di lavoro abbiano sistemi di "alert" rispetto a situazioni assistenziali e organizzative pesanti e che possono produrre esisti nefasti. Si faccia carico il ministero della Salute di quanto necessita agli infermieri per meglio e più serenamente assistere evitando proclami che non affrontano ne aiutano la prevenzione e risoluzione di eventi tanto drammatici”.

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